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N
O - C O D E
Sono
installazioni sospese Code e No-code: una cornice modanata
trompe-l'oeil e un pannello-specchiera, in lamiera zincata con un
intaglio al laser, entrambe seguono il positivo e negativo del contorno
e delle volute di una cornice barocca: in basso, un codice a barre
e la dicitura NO CODE.
L'orpello per antonomasia - quello "barocco"- diviene
emblema di riconoscimento di un'arte fintoapplicata dal taglio minimale
e dalla mission sociale.
Si fa "codice" del "senza codice" dell'opera
di Cangiani.
Alfio Cangiani nasce scrittore
di versi. Non c'è niente di più inconsistente della
poesia
eppure fortunata peculiarità dell'artista è
la trasmigrazione della forma bidimensionale del foglio nella tridimensionale
dell'oggetto, un oggetto ibrido che diviene "bene durevole"
contro l'"usa e getta" quotidiano.
Se nella società contemporanea il benessere è legato
alla creazione di nuove "cose" - siglate da codici a barre
dall'aspetto anonimo - il nostro poeta/designer, viceversa, destruttura
l'oggetto commerciale seriale privandolo della funzione originaria
e rivestendolo di contenuto: estetico, concettuale.
Nessuna collusione col fenomeno del "trash" - che si adatta
alle direttive della società industrializzata - piuttosto
si attiene a quel filone artistico e culturale contrario ai ritmi
di vita attuali, asserviti all'omologazione.
La protesta dolce di Cangiani sfrutta, per far questo, l'arma leggera
del'ironia; si fa fautore di un riciclaggio a tutti i costi (tra
le sue mostre ScART inprogress/Riciclanda, Carcasse, Easy metal)
come soluzione minima all'inquinamento ambientale, ribellione pacifica
alla prepotenza del virtuale ed alle nefaste conseguenze delle mutazioni
genetiche prossime venture.
Così, con materiali di risulta e fuori circuito - ovvero
non utilizzati dal design corrente quali guarnizioni, fascette di
cablaggio, scarti di metacrilato o vetroresina - produce oggetti
"primordiali", perché costruiti su concetti estremamente
poveri.
Hanno tutti un doppia identità, mutevole e anch'essa "senza
codice": funzionanti come Dilambda (lampada da tavolo,
tripode, dalla struttura in metallo cromato, partorita da un barattolo
in latta modificato); versatili come Ghirigoro, Dalìa
trìdium e Granà (candelieri mutanti, rispettivamente
in tondino di alluminio curvato a mano ed in lamiera zincata); ricercato
come Estroverso( portafiori in ceramica mono o plurifiore, in forma
di tronco di piramide capovolto e ritorto), utili come DNA
(porta CD componibile in banda stagnata, bordata da una guarnizione
in plastica traslucida, o in lastra di vetroresina) così
vicino all'estetica contaminata delle installazioni di Ali,
antesignana mostra "for unfrequet flyers" allestita
nel 2000 nell'aeroporto di Bari.
Oggetti che, liberati dal "fine" divengono "forma"
dagli effetti insoliti.
Sono elementi d'arredo come le poltrone Rex (anche contenitore
impilabile, nato da bidone per rifiuti americano in maglia metallica
elettrosaldata) e Semiramide (assemblaggio di due semi-piramidi
in acciaio con saldature a vista); come la chaise longue Bi-curva
ed il divano Bi-tondo (forgiati in lamiera zincata) con cui
Cangiani decostruisce anche il concetto tradizionale di 'imbottito':
sono le due lastre di metallo curvate su sé stesse che si
fanno 'buccia' molleggiata su cui sedersi.
Sono metamorfosi applicata in Fiat lux (pouf ricavato dall'adattamento
di un pozzetto di derivazione elettrica da cantiere; impilabile,
è dotato di cuscino asportabile e 'tappi' nel medesimo materiale)
o nella famiglia delle sculture luminose Virus(lampade da
appoggio, sospensione o da parete, assemblaggio di intrecci di guarnizioni
industriali, tulle, tubi in rame e scarti di metacrilato uniti da
fascette di cablaggio). E se siete gelosi di cotanta industria fai
da te, Cangiani ha pensato anche agli scongiuri: Invidia
è un pannello con cornetti antimalocchio, in attesa dei "Quaranta":
dove il creativo torna involontariamente poeta
Giusy Caroppo
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